Con Marco Di Stefano: intervista all'artista di "Multiverse"

23.03.2021

Compositore poliedrico, Marco Di Stefano si approccia al pianoforte in tenera età inseguendo il suo istinto compositivo e iniziando da li un percorso decennale di studi di tecnica pianistica e composizione orchestrale con tre distinti maestri quali Giovanni D'Aquila a Palermo, Adriano Guarnieri a Bologna e Luc Brewaeys a Bruxelles. Il suo stile è semplice, strutturato e narrativo. Ogni sua composizione nasce per raccontare una storia e questa sua predisposizione verso la musica narrativa lo porta a collaborazioni artistiche con pittori, fotografi e scrittori, alla ricerca del perfetto connubio fra opera musicale e arte.

Quali sono state finora le maggiori sfide della tua carriera?

La ricerca di uno stile profondo e personale, un processo in corso da molti anni, sicuramente in continua evoluzione, ma di cui oggi mi sento pienamente soddisfatto. Unione tra la musica classica e quella contemporanea, con semplicità e liricismo.

Di quali performances / registrazioni sei più orgoglioso?

Non mi reputo un eccezionale esecutore quando si tratta di suonare la musica altrui, mentre per quanto riguarda le mie composizioni riesco sempre ad essere soddisfatto delle mie registrazioni. Se devo nominarne una, scelgo "Mimeomai" la prima traccia dal mio ultimo album Multiverse.

Quando componi e produci brani, fai musica per te stesso o la fai pensando agli altri?

Principalmente per me stesso, non mi chiedo mai se quello che sto scrivendo possa piacere alla gente, o se riuscirà a diventare una hit. La composizione per me è un processo personale di crescita e appagamento interiore. Naturalmente, faccio ben uso del mio, e di quello di artisti fidati, senso critico per giudicare se pubblicare o meno una composizione.

Vuoi raccontarci come è nato il progetto "Multiverse"?

Da un'incontro fra mia sorella Rosa e la poetessa Lucilla Trapazzo, una lettura di poesie e un'ascolto del mio album "L'estate del 78". Da li la strada è stata in discesa. Una volta scelte le poesie ho usato delle registrazioni di Lucilla per comporre la musica, o meglio direi, per trasporre in musica i suoi componimenti. La musica è profondamente legata alle poesie, come si capisce bene dalle ultime due tracce dell'album che contengono la performance della poetessa. L'idea iniziale era di farne uno spettacolo teatrale, purtroppo il COVID ha impedito che accadesse, almeno per ora. Per adesso ne è nato un video, visionabile qui.

Quali influenze non musicali hanno influenzato maggiormente la tua musica?

Sicuramente l'arte astratta in generale, ma anche le opere di Monet, e l'architettura minimalista.

Qual è la tua filosofia musicale?

La musica in quanto dialogo. In varie forme, tramite stream di emozioni, silenzi, melodie liriche o frammentazione di note. Ogni traccia segue un tema, un'idea, un concetto. Per questo adoro scrivere deliberatamente inspirandomi a opere quali poesie, libri o fotografie.

Se qualcuno non ha mai ascoltato la tua musica, quali parole chiave useresti personalmente per descrivere il tuo suono e il tuo stile?

Semplice. Ma non nel senso di banale, al contrario: semplicità vuol dire pieno controllo dell'architettura e delle strutture interne dell'opera, quindi la capacità di passare messaggi complessi con semplicità.

Potresti gentilmente anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi progetti?

Sto lavorando ad un altro progetto inspirato da un libro. Un progetto a cui avevo già iniziato a lavorare ma che ho messo da parte per terminare Multiverse.

- Domanda bonus: tre brani preferiti di tutti i tempi?

1. La sagra della primavera di Stravinsky
2. I 24 preludi di Scriabin (difficile sceglierne uno)
3. Dogs dall'album Animals dei Pink Floyd