Mogol e Lavezzi insieme per "Capolavori nascosti"

17.03.2023

Un sodalizio, professionale e umano, che attraversa la storia della musica italiana: Mogol e Mario Lavezzi sono la "rinomata ditta" che ha dato vita a successi senza tempo entrati nell'immaginario come "Vita" (per il progetto DallaMorandi), "Stella nascente" (per Ornella Vanoni) o "Varietà" (per Gianni Morandi), solo per citarne alcuni. Insieme, i due maestri hanno deciso di rispolverare brani che - dal loro punto di vista - meritavano di avere più successo e lo fanno nella raccolta Capolavori Nascosti, in uscita il 17 marzo per Nar International / Artist First. "Capolavori, sì - dice Mogol - perché sono canzoni bellissime, che però non hanno avuto il giusto riscontro e sono sconosciute ai più". L'album raccoglie alcune canzoni firmate dai due artisti nel corso del loro lungo sodalizio, iniziato nel 1968 quando composero Il primo giorno di Primavera, grande successo dei Dik Dik ("Il primo incontro? e chi se lo ricorda", dicono) ed eseguite con molti dei più grandi artisti della nostra musica (Riccardo Cocciante, Raf, Lucio Dalla, Fiorella Mannoia, Mango, Luca Carboni, Gianni Morandi, Biagio Antonacci, Ornella Vanoni, tra i tanti). Tredici brani (la maggior parte dei quali incisi per gli album di Lavezzi) e un inedito: Una storia infinita, affidata alla voce della giovane Cristina di Pietro. E rivelano che di inediti nel cassetto ce ne sono anche altri, ma che aspettano il momento giusto e l'interprete giusto per renderli noti: "Non abbiamo fretta". "In Capolavori Nascosti ci sono canzoni che nonostante gli interpreti che hanno dato loro voce, nonostante la qualità, non hanno avuto la giusta promozione - sottolinea ancora Mogol -. Perché la qualità deve essere anche di chi diffonde le canzoni e oggi non ce n'è tanta in giro". Sulla stessa linea di pensiero anche Lavezzi: "Ci sono certe canzoni che rimangono, come L'Essenziale di Marco Mengoni. Quando l'ho sentita per la prima volta mi chiesi perché non l'avevo scritta io. Oggi viviamo un'epoca di decadenza non solo musicale ma anche di valori: quante delle canzoni che ci sono in giro ora, anche del festival di Sanremo, sentiremo ancora tra un anno o due? Oggi tutto gira intorno ai follower, agli streaming, alle visualizzazioni". E Lavezzi lancia una sfida proprio al festival: "gli autori ci sono, bisogna scoprirli. Se il festival tornasse ad essere un'eccellenza della musica italiana e non uno show tv, si potrebbe fare un bando per selezionare testi da assegnare poi agli interpreti: sarebbe una rivoluzione per il bene dell'industria discografica. E si salverebbe anche qualche carriera". Con Mogol, inevitabile che il discorso scivoli su Lucio Battisti, del quale qualche giorno fa è stato celebrato l'80/o anniversario dalla nascita. "Quando sarà il momento di re-incontrarsi la prima cosa che dirò sarà: finalmente! Ho 86 anni e questa cosa può succedere e presto. Ma sono contento di ritrovarlo: chissà se lì ci sarà anche una chitarra". E a chi gli chiede un parallelo con Lavezzi, Mogol non ha dubbi: "il sistema di lavoro è lo stesso, c'è una sola differenza: con Battisti il giorno dopo che gli avevi dato il testo lo sapeva già a memoria, Mario no. Lucio aveva una capacità di studio e di analisi unica. Lui ascoltava musica sette ore al giorno, ascoltava qualunque cosa: è il principio che ho messo in atto nel CET, la mia scuola. Il concetto è che prendi qualcosa da tutti e non assomigli a nessuno".