Capossela, Zamboni e Redeghieri portano sul palco la musica resistente

04.07.2021

La pianura resta una nuvola di vapore nello specchio retrovisore dell'auto mentre si sale verso Castelnovo ne' Monti, nel cuore, grande e profondo, dell'Appennino reggiano. Lì Vinicio Caposella ha creato Sponz all'Osso- Costola Reggiana (prequel di quello che avverrà dal 25 al 29 agosto in Alta Irpinia), una giornata di resistenza, riscoperta e ritrovo per montanari e gente di città (in trasferta). Alla Pietra di Bismantova si ascende solo con la navetta o a piedi e quando la sera si prende il suo spazio arrivano anche qualche goccia di pioggia e una temperatura che scende in picchiata. Santa felpa col cappuccio. Manca poco alla partenza del vascello di Vinicio Capossela, il tempo per una chiacchiera con Massimo Zamboni che la musica, oltre che raccontarla su un palco, la racconta anche per iscritto. Nel suo fresco libro La Trionferà, Einaudi Editore, 19,50 euro investiti benissimo, di una bellezza e tenerezza infinite, racconta cosa ha significato, cosa significa essere comunisti a Cavriago, luogo che ha ancora esposto, in piazza, il busto di Lenin. Alcuni capitoli sono dedicati a quella che fu la componente musicale per i giovani di sinistra degli anni Settanta e, tra i tanti spunti, è formativo quello che racconta di un concerto organizzato all'ex caserma Zucchi di Reggio Emilia da Lotta Continua in memoria di Alceste Campanile in una notte in cui la Sinistra perse la verginità (un'altra). Tra li altri aderirono alla serata Francesco De Gregori, Claudio Rocchi, Fabrizio de André e Pierangelo Bertoli. Massimo Zamboni ne parla con la tenerezza di quelle illusioni che "sono sogni che si estinguono per morte naturale". Un lavoro di ricerca meticoloso che quando è stato trasportato sulle pagine bianche è diventato emozione. Perché chi certi momenti storici non li ha vissuti per questioni anagrafiche qui ci si ritrova dentro: "Conosco e ricordo le mie difficoltà di allora -dice Zamboni- e dunque guardo a quel che ero con indulgenza". Il viaggio di Vinicio Capossela, primo a salire sul palco, è dantesco e solca le anime con "virtute e canoscenza". Forte è l'idea del nostos, del ritorno prima di incontrare l'indovino Tiresia e comprendere "quanto è duro profetare". Per confrontarsi con la tentazione di Sant'Antonio invita sul palco Massimo Zamboni e su di loro incombono luci rosse, tra demonio e santità. Ora c'è un excursus sulla storia, romantica e rocambolesca, delle ossa di Dante, che nei secoli ha coinvolto, tra gli altri, Boccaccio, Papa Leone X (era della famiglia Medici di Firenze), Michelangelo e il muratore Mario Casadio, che quelle ossa le trova e riesce dove hanno fallito pontefici, re, principi e interi eserciti. Cita il XXX Canto del Paradiso (vedi nostra città quant'ella gira) e saluta con la struggente Con una rosa. Marta Redeghieri è la signora della serata: cita più volte i migranti, legge testi di Erri De Luca e Piero Calamandrei e fa spuntare i lucciconi dagli occhi con Il Bersagliere a cento penne e soprattutto con Bella Ciao delle Mondine. Lassociazione, che alterna brani in dialetto ad altri in italiano, ricorda come su quelle montagne siano passati Barbari e Galli senza domare l'indole degli abitanti "gente che non si fa addomesticare". Il finale, e mezzanotte è prossima e il freddo morde, è affidato a Massimo Zamboni che parte con una onda improvvisa di calore per poi spostarsi su qualcosa che chiama rivolta. Arrivano sul palco tutti i protagonisti della serata. Gli applausi sono un'onda d'urto emotiva forte. E non si sente più freddo.