Con Paolo Morese: intervista all'artista di "Arktikos"
Paolo Morese è diplomato in pianoforte e ha all'attivo esperienze musicali in diverse formazioni cameristiche, corali e orchestrali. Ha studiato e approfondito diversi generi musicali dal jazz al pop, focalizzandosi sulla musica Klezmer e folk irlandese.
Essendo un artista con diversi risultati conseguiti ci racconti in breve che artista sei?
Quali sono le tue influenze e i tuoi riferimenti musicali?
Come componi? Senti un tema musicale nella tua mente o è più basato sulla creazione da sensazioni?
Come è nato il tuo ultimo album "Arktikos"?
In quale momento della giornata componi? E' dettato da un'urgenza espressiva o mediti e pianifichi il tutto con scrupoloso criterio?
Non c'è un momento preciso, e in genere non pianifico questo tipo di lavoro, quando ho tempo libero e tempo per ricercare e comporre Mi ritaglio un momento della giornata per dedicarmici.
Un tempo le case discografiche a dettare il bello e cattivo tempo, poi la crisi del disco con l'avanzare delle nuove tecnologie. Oggi è tutto a portata di tutti. Musica e social network che ne pensi?
Beh non ci penso molto al mercato discografico e alla produzione musicale in genere, penso che oggi tutto è alla portata di tutti, e che c'è molto fermento proprio perché oggi sembra molto più facile pubblicare e incidere, sicuramente è un vantaggio del progresso e dei nostri tempi, ma penso che come tutte le cose ha anche i suoi aspetti negativi.
Cosa risponderesti a chi ti chiede perché dovrebbe ascoltare la tua musica?
Bella domanda, difficile anche! Non saprei come rispondere. Direi semplicemente di ascoltarla per capire se sono riuscito a comunicare, in maniera chiara, tutte quelle evocazioni e immagini che io volevo trasmettere con questo lavoro, e capire eventualmente poi se può piacere o meno quello che ho fatto.
Per te il senso della musica in che cosa consiste? O se credi, il fine di far musica?
Non so se c'è un senso a questo, ed è inutile forse anche chiederselo. È una cosa che sento e la faccio, poi se c'è un senso o un fine non mi interessa. Poi, se devo dare un fine alla musica, posso dire che, semplicemente come tutte le arti, è dotata di una magia; a chi l'ascolta e chi la compone trasmette qualcosa. Innanzitutto il fine è la comunicazione, un'opera deve comunicare qualcosa. Il mittente in questo caso è l'artista e il ricevente è il pubblico. Quando funziona questa comunicazione, quando l'artista riesce a far comunicare quello che vuole, raggiunge il fine della Musica. Un artista scrive perché ha un bisogno atavico di farlo, e vuole comunicare agli altri quello che sente dentro, quello che ha dentro. Se è in grado di farlo in maniera chiara e limpida, come una buona radio che funziona, allora il fine della musica è stato raggiunto!
Ci potresti gentilmente anticipare qualcosa circa i tuoi prossimi progetti?
Ho intenzione di lavorare ad un progetto dove ci sia anche la presenza dell'eettronica, e anche incidere qualcosa di musica sacra, per ora sono idee iniziali, poi vedremo!