Sanremo, Avincola: "Io sono l'interprete di me stesso" 

16.01.2021

La musica, inizialmente, doveva essere il piano B. "Da piccolo volevo fare il regista, mi ha fermato un no alla scuola di cinematografia", racconta Avincola (Simone, il nome all'anagrafe), che ora con il piano B si ritrova al Festival di Sanremo, in gara tra i Giovani, con il brano Goal!. "Ma continuo a raccontare le canzoni come fossero scene di un film", spiega il cantautore, nato a Roma 34 anni fa. L'Ariston gli era sfuggito per un soffio già l'anno scorso, finalista a Sanremo Giovani, e ci aveva provato anche qualche anno prima senza successo. "È come andare ai Mondiali, dal festival sono passati i più grandi artisti. In più è un privilegio pazzesco, in particolare in questo preciso momento storico, poter essere su un palco". Il brano che porta in gara, rappresenta un po' la summa del suo percorso: una rivincita, un goal che arriva al novantesimo minuto, quando tutto sembra finito e la partita persa. "È la visione di un panchinaro. Tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo ritrovati a essere dei panchinari e a guardare gli altri giocare - racconta l'artista romano da parte di padre, catalano da parte di madre, che a 10 anni ha iniziato a suonare la chitarra in mano e a 16 a scrivere canzoni -. La metafora della mia canzone è l'idea che prima o poi ci si possa ritrovare inaspettatamente a entrare in campo al novantesimo minuto per giocare la propria partita e, magari, capovolgere il risultato". Tre tentativi a Sanremo, ma nessuno nei talent. "Non ho niente contro chi va ai talent, ma per come sono cresciuto, ho sempre puntato più sul contenuto della canzone: non ho mai studiato da cantante, sono interprete di me stesso". L'obiettivo, come per molti nella sua stessa situazione, è di far diventare la musica un lavoro a tempo pieno. "Oltre a cantare le mie canzoni, mi piacerebbe scrivere anche per altri. Penso a Luca Carboni, e il sogno irraggiungibile sarebbe Vasco".